storie di un'italiana a Varanasi

martedì 9 aprile 2013

Appunti, ricordi e una dichiarazione d'amore per l'India

Dedicato a Marina, una nuova amica a cui voglio bene come se la conoscessi da sempre. Vorrei che l'India che ti ha ferita così profondamente ti possa anche guarire e rendere di nuovo felice come meriti.

  • Bambini seminudi che sguazzano nel Gange: nuotano, giocano, qualcuno ha i braccioli per galleggiare, una bambina la tavoletta
  • vicoli pieni di spazzatura, cattivi odori, ma girando l'angolo profumi di incenso e cardamomo, scampanellio di biciclette, qualche mucca
  • stradine diroccate, un portone aperto, attraverso il legno che cade a pezzi un favoloso palazzo antico bisognoso di restauro eppure magnifico nella sua decadenza
  • la luce del sole sui palazzi del lungo fiume alle sette di mattina
  • le corse in autorickshaw nel traffico folle della città
  • in certi vicoli stretti come calli veneziane, il passaggio di una o più mucche che ti costringe ad addossarti al muro
  • un ingorgo, alla rotonda di Goudolia, quando carretti trainati da cavalli, autorickshaw, rickshaw a pedali, biciclette e pedoni rimangono incastrati senza poter andare più - nessuno di loro - ne' avanti ne' indietro
  • chiacchere in terrazza durante i pasti, col ventilatore acceso, e Kus che chiede: Pani? Aur chaval?
  • occhi celesti chiarissimi di una donna anziana in sari mentre lava i panni in un rivolo d'acqua lungo la strada
  • il tepore delle sere sui ghat
  • le librerie e le chiacchere con i librai, come si faceva un tempo anche da noi
  • io e  Marina sedute a un tavolo con una bibita fresca, il Gange di fronte, in una calda serata di aprile
  • la preghiera delle 19 ad Assi ghat, il fiume scuro sullo sfondo, le chiacchere dei passanti alle spalle
  • il sorriso umile dei guidatori dei rickshaw a pedali quando scoprono che gli lasci più rupie dei locali, pur sapendo bene qual è la tariffa 
  • i sarti che lavorano con le loro macchina da cucire a pedali lungo le strade
  • i samosa caldi caldi serviti alle bancarelle lungo i vicoli
  • elettricità che va e che viene, lumi lungo le strade nelle botteghe

Una nota sulla mia India.
Sono evidentemente deludente quando nel mio raccontare dell'India e ancor più di Varanasi sottolineo quanto io non sperimenti sulla mia pelle in alcun modo, neanche sforzandomi, quella spiritualità da tanti e da tutti decantata che evidentemente dovrei "sentire" nel corso di ogni mio viaggio in questo paese.
Vedo sempre sul volto dei miei interlocutori da un lato incredulità e dall'altro una profonda delusione. Forse pensare che esista un luogo ove riporre le proprie speranze circa una  propria perduta religiosità deve risultare confortante.

Per quanto mi riguarda le cose stanno così. Non vado in India per cercare un qualche afflato nei confronti di una qualche divinità. Sono atea e felice di esserlo, quanto meno non sento l'esigenza di essere altro. Suppongo, ma posso solo immaginare,  che se fossi credente in una qualche entità sovrumana non farebbe differenza Italia, India o Islanda.
Quello che io amo profondamente dell'India è esattamente l'opposto di quanto comunemente viene sottolineato. Amo il suo essere terrena, profondamente terrena. Tutto qui richiama, per me, sensazioni ancestrali ora perdute di contatto con la madre terra: i cattivi odori, i profumi, la polvere, il mangiar con le mani, la vicinanza uomo-animale, il camminare a piedi nudi,  tutto ciò che è intensamente sensoriale. Questo amo e di questo sento terribilmente la mancanza, ora che sono qui. Così tanto da aver voglia di piangere, se solo servisse a qualcosa, se solo potessi ora essere lì anche soltanto per un'ora.
Non spiriti, non dei, non vagheggiamenti new age e odori di santità. Cosa c'è di più profondo d'altronde che non il contatto con tutto ciò che è terra, fuoco, aria...

Ciò che non trovo più qui, neanche nel paese più sperduto, lì lo trovo anche ai margini delle grandi città. 
Ciò che rimpiango, in ogni giorno della mia vita non trascorso in terra indiana, è come un ricordo vivido di come eravamo, sì, anche noi, qui, un tempo.
Chiamatela se volete spiritualità, questa, fate voi. Io so solo che lì mi sento felice e lo imputo a questo: alla terra, agli odori, ai piedi nudi nella polvere.
Gli dei e i santi li lascio a chi ama le favole, qui come altrove, e non è un brutto amare. Soltanto, io amo altro.


3 commenti:

  1. Esiste anche una religiosità e spiritualità laica, che è ciò che tu descrivi molto bene.
    Non è necessario credere in una qualche entità superiore per provare sentimenti di comunione profonda con ciò che ci circonda. E anche io è nei momenti di maggior contatto con ciò che chiamiamo natura, terra (i suoi elementi) che sperimento talvolta questo sentimento laico di cui sopra.
    Forse ti piacerebbe l'ultimo film di Diritti: Un giorno devi andare.

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  2. vado subito a informarmi sul film... :-)

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  3. Ma dai, l'India!!! Sono affascinata dall'India, in particolare da Rishikesh. Quando programmerò il viaggio (l'anno prossimo??) ti interpellerò. Magari vengo a Roma, a voce è meglio parlare di viaggi!!
    Titti

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